Difficile non pensare ad Arp e alla sua ricerca della purezza formale. Difficile non leggere nei tratti la sinuosa opulenza delle sculture di Moore. Ancora più difficile non lasciarsi intrigare dalle curve che la pietra e il bronzo hanno saputo assumere, docilmente, sotto le mani di Vincenzo Chiazza, un po siciliano un po torinese.
Lo ha tenuto a battesimo laria incantata che spira dalla Valle dei Templi, a Cianciana, le sue esperienze creative sono iniziate allistituto darte di Sciacca, anche se è stato forgiato, negli anni della formazione professionale a Torino, nel ventre della Fiat. E questa doppia discendenza che allapparenza potrebbe sembrare contraddittoria ne ha arricchito invece larte, facendo confluire nella creatività dotta della radice siciliana il rigore pragmatico e operoso della Torino degli affari. Non a caso le sue due terre gli hanno dedicato, negli ultimi anni , intriganti esposizioni, delle quali quella palermitana, a Palazzo delle Aquile, si è appena conclusa il 13 febbraio scorso, suscitando un notevole interesse di specialisti e del pubblico. Legni intagliati, caldi, come olmo, tiglio e noce, terracotta antica ed evanescente, bronzo solenne e fragile gesso hanno mostrato la duttilità incredibile che si sprigiona dalla forza di chi, come Chiazza, ha scelto di seguire unidea, un amore per luomo e per
la vita, scoprendo dun tratto di corteggiare, dei corpi e i visi, anche lombra più silenziosa.
Quale saggezza racconta mai la vita se non che la vera libertà sta nel mutamento, nella tensione verso il cambiamento, nellimperfezione? Così raccontano ance le figure di Chiazza, soprattutto i bronzi più recenti come Metamorfosi di un amore, Orrori della guerra e Protezione, che nella materia vivono ma da questa sembrano volere scappare, in un balzo, forte,risoluto, viale. Perché il loro viso come il corpo stano dentro al desiderio di chi guarda più ancora che nella realtà e lì Chiazza arriva con unabilità incredibile, con emozione quasi estenuante.
Cè dunque la Sicilia di Pirandello e il nonsenso di essere e apparire, nel suo sangue, ma anche la saggia trasparenza di Bufalino e persino larmonia dolorosa di Quasimodo
Ci sono insomma corde antichissime forgiate nel bronzo o levigate nel legno, forze che incontrano il clamore della fabbrica, la fiducia positivistica nella macchina, per superare tutto questo, dun balzo, quando lartista si trova solo e pensoso di fronte allidea, alla sua materia.Difficile non pensare ad Arp e alla sua ricerca della purezza formale. Difficile non leggere nei tratti la sinuosa opulenza delle sculture di Moore. Ancora più difficile non lasciarsi intrigare dalle curve che la pietra e il bronzo hanno saputo assumere, docilmente, sotto le mani di Vincenzo Chiazza, un po siciliano un po torinese.
Lo ha tenuto a battesimo laria incantata che spira dalla Valle dei Templi, a Cianciana, le sue esperienze creative sono iniziate allistituto darte di Sciacca, anche se è stato forgiato, negli anni della formazione professionale a Torino, nel ventre della Fiat. E questa doppia discendenza che allapparenza potrebbe sembrare contraddittoria ne ha arricchito invece larte, facendo confluire nella creatività dotta della radice siciliana il rigore pragmatico e operoso della Torino degli affari. Non a caso le sue due terre gli hanno dedicato, negli ultimi anni , intriganti esposizioni, delle quali quella palermitana, a Palazzo delle Aquile, si è appena conclusa il 13 febbraio scorso, suscitando un notevole interesse di specialisti e del pubblico. Legni intagliati, caldi, come olmo, tiglio e noce, terracotta antica ed evanescente, bronzo solenne e fragile gesso hanno mostrato la duttilità incredibile che si sprigiona dalla forza di chi, come Chiazza, ha scelto di seguire unidea, un amore per luomo e per
la vita, scoprendo dun tratto di corteggiare, dei corpi e i visi, anche lombra più silenziosa.
Quale saggezza racconta mai la vita se non che la vera libertà sta nel mutamento, nella tensione verso il cambiamento, nellimperfezione? Così raccontano ance le figure di Chiazza, soprattutto i bronzi più recenti come Metamorfosi di un amore, Orrori della guerra e Protezione, che nella materia vivono ma da questa sembrano volere scappare, in un balzo, forte,risoluto, viale. Perché il loro viso come il corpo stano dentro al desiderio di chi guarda più ancora che nella realtà e lì Chiazza arriva con unabilità incredibile, con emozione quasi estenuante.
Cè dunque la Sicilia di Pirandello e il nonsenso di essere e apparire, nel suo sangue, ma anche la saggia trasparenza di Bufalino e persino larmonia dolorosa di Quasim
Silvia Andreoli