La scultura in quanto arte si fa carico di un'esigenza espressiva tesa a richiamare lo spettatore attraverso i suoi sensi. Mentre nella pittura la vista gioca il suo ruolo principale dibattendosi tra le sfumature dettate dai colori e dalla luce, la scultura si impadronisce della vista impegnata in uno spazio tridimensionale, e del tatto, senso che ogni spettatore vorrebbe esercitare davanti a delle forme composte artificialmente per saggiarne l'effettiva aderenza con la realtà. Così come le opere dello scultore Vincenzo Chiazza, protagoniste della mostra allestita fino al 13 febbraio a Palazzo delle Aquile. Chiazza,torinese d'adozione, ha condotto fin dagli anni '70 una rigorosa ricerca poetica per approdare finalmente all'informale alimentato dai diversi materiali di cui fa uso: legno, marmo, gesso, bronzo.
Attraverso 17 opere, lo spettatore viene condotto in un excursus alterno di implosioni ed esplosioni spaziali. Le sculture infatti, a seconda della superficie da loro occupata, si slanciano verso l'alto o si rinchiudono in una forma contratta.
La luce in questo senso, crea mille riverberi, conferendo un senso ancor più forte di tridimensionalità e di movimento.
Il "lottatore" in bronzo sembra attagliarsi perfettamente come esempio a quella sensazione cinetica, che l'autore ha voluto conferire ad alcune delle sue opere, ma non so lo, visto che proprio in questa scultura insiste anche il "raccoglimento" dovuto alla necessità di difesa nel combattimento.
Nella "Immagine sacra" al contrario, il legno afromosia con la sua levigatezza permette all'autore di sviluppare il concetto sacrale in altezza, abbandonando i rivolgimenti della materia e le pieghe dovute alla luce in favore della pura essenzialità.
Tutte le opere di Chiazza mantengono così una sorta di plasticità indipendente dal materiale di cui sono composte.
E' la sinuosità delle forme, o forse sarebbe meglio dire delle non-forme che, coniugata a sostanze vive crea una sorta di "pelle scultorea" imprigionata sotto la quale si di battono flussi materici che solo la luce, adducendo sfumature captabili dall'occhio, può far percepire.

Luca Di Martino

Vincenzo Chiazza