L'esposizione di Vincenzo Chiazza allo spazio San Cristoforo meriterebbe l'appassionata dichiarazione di Pietro Consagra, scultore suo corregionale, benché assai distante da lui per percorso ed esiti, sulla necessità della scultura: "Nel nostro pensiero, legata all'origine e alla natura stessa dell'uomo, tanto da non saperci immaginare un mondo senza scultura". Realizzata con l'intervento di Augusta Assicurazioni di Lodi la mostra offre un riepilogo degli ultimi anni di attività dello scultore di origini agrigentine, da trentacinque anni a Torino, presentando un complesso di opere enucleatesi per vicenda artistica e poetica attorno a temi e figure legate da un evidente equilibrio e andamento metabolico. In particolare, si tratta di un solido numero di lavori plasmati e arrotolati nel bronzo, nel gesso e nel legno per effetto di un tocco magico, leggero, quasi una carezza, che ne esalta la percezione tattile e anche intima. A cominciare da Amanti (2004), Incontro (2003), Grido (2003), Forma scultorea (2003), Idea fissa(2003). Pensieri, Meditazione (2002), etc.
Dentro a un lucido esercizio formale, che ne rivela la maestria ma anche l'intima estenuante emozione, alla fine emerge sempre la figura umana, unico autentico collante tra l'immaginario e il reale, il sensuale e il temperante. Sono queste, le sculture che si prestano più direttamente ai richiami e che rivelano il bagaglio culturale attraverso cui si è costituita l'attuale fase "compattiva" di fluenze e di equilibrii, di arricchimenti e pragmatismi. Il suggerimento più immediato è alle figure biomorfe di Alberto Viani, simili e non troppo distanti da quelle di un Arp con le sue purificazioni della forma che seguono da vicino il ritmo della vita, senza trascurare il Moore e i suoi moduli formali e organici, e, in certi blocchi unitari, lo stesso Emilio Greco.
La mostra lodigiana concede tuttavia un qualche discreto sguardo alle precedenti esperienze dell'autore, a quelle più esattamente di matrice figurativa e prototipo realista. Dal quadro generale neppure sfugge come al Chiazza non sia impraticabile la variante surrealista, probabilmente, appunto, per le correlazioni formali con l'opera di Arp. Al di là però di tutti i possibili rimandi critici resta il timbro personale, la forza con cui ostinatamente sembra seguire l'uomo e la vita attraverso forme ora splendenti nella luce, ora silenziosamente avvolte dalle ombre della poesia e della meditazione. Pur stando ormai solidamente nell'area delle forme essenziali, l'artista non si è sottratto dal realizzare, in chiave di fedeltà ai soggetti, i busti di Giovanni e Umberto Agnelli, Cesare Romiti, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Giovannini etc. A maggio inaugurerà a Cianciana suo paese natale in provincia di Agrigento, un monumento dedicato ai cavatori delle zolfatare. Questi recuperi o ritorni alla dura oggettività del reale, non rappresentano però una contraddizione rispetto alle dinamiche perseguite o una rinuncia alle figure archetipali, masemmai la metafora dell'inscindilità del reale e dell'immaginario. Bronzi, creta, gessi lucidi, cementi, legni (di noce, di zebrano, di iroko, jeluctong, olmo) rappresentano la materia sensibile attraverso la quale Chiazza descrive, elabora pensieri, somma valori poetici, ideali e umani, libera il fascino della forma, materializza quello della fertilità. Davvero una bella mostra, della quale va dato merito anche all'amministrazione comunale per avere concesso lo spazio dell'ex-San Cristoforo.

Aldo Caserini

Vincenzo Chiazza