Come ci ha ricordato Munari, non c'è nulla di più facile delle recensioni prefabbricate, standard, da gettare dopo l'uso, perfettamente intercambiabili tra autore e autore, quando non tra arte e arte.
È proprio questo il genere di giudizi che vorrei evitare per i lavori di Chiazza, che meritano una diversa attenzione. Vorrei anche evitare quei termini così generici che troppo spesso abbandonano nella "critica" (si fa per dire) d'arte, è che permettono di evitare un giudizio reale.
E allora lo dico subito e semplicemente: i lavori di Chiazza sono estremamente gradevoli, e mostrano una buona tecnica, insieme ad un gran gusto per le cose ben fatte.
Non aprono, e non vogliono aprire, nuove prospettive o cose del genere; ma tengono vivo in tempi di approssimazione e sciatteria una capacità artigianale, nel senso buono della parola, che è di per se consolante: il che non è poco.
La ritrattistica, in particolare, mostra capacità di osservazione notevoli, e tanto più notevoli se si pensa alla impersonalità delle facce (reali) che ci circondano.
Dunque, un augurio per Chiazza, ed un invito a continuare: dopo anni di (si fa di nuovo per dire) "innovatori", abbiamo bisogno di molti onesti e bravi "conservatori" che prendano sul serio il loro compito, come fa il nostro.

Giuliano Zincone

Abbiamo incontrato un artista molto apprezzato e conosciuto, lo scultore Vincenzo Chiazza, che da sempre opera e crea nel quartiere San Salvario, nel suo laboratorio di via Madama Cristina.
Chiazza nasce a Cianciana (Agrigento) nel 1944, ma molto giovane si trasferisce al nord. Si dedica anche alla pittura, ma ciò che più lo affascina e lo cattura, sin da piccolo, è la scultura. Simpatico e cordiale, Chiazza sarebbe restio a parlare di sè ("Non devo parlare io, ma la mia arte") ma accetta di raccontarci della propria parabola di artista.
 
Come ha iniziato, come si è avvicinato all'arte?
 
Io ero in Sicilia e sin da ragazzo ho avuto sempre la passione per l'arte, così mio padre mi ha iscritto all'Istituto d'arte di Sciacca, dove mi sono diplomato. Pensavo di continuare a studiare all'Accademia, ma mi avevano consigliato quella di Torino o Milano e mio padre era contrario a mandarmi al nord. Così, ho aperto un piccolo laboratorio di ceramica, che però ho dovuto chiudere presto, perché tra amici e parenti, erano più le cose che regalavo che quelle che vendevo. Poi, ho conosciuto mia moglie, mi sono fidanzato e poi sposato. Avevo bisogno di un lavoro, sono stato prima a Milano, negli anni '60, dove ho conosciuto lo scultore Francesco Messina, ma non avevo uno stipendio per poter vivere e così mi sono trasferito a Torino. Qui ho cercato di poter fare dell'arte, ma il periodo della fine Anni '60 e inizio Anni '70 era difficile, e così sono entrato in Fiat. Oltre a lavorare, con la libertà che mi rimaneva dopo i turni, avevo sempre le mie otto ore libere per dedicarmi all'arte.
 
Come definisce se stesso e la sua arte?
"Io sono nato classico, ho studiato artisti quali Michelangelo, Medardo Rosso, Francesco Messina. Poi, però, ho deciso di confrontarmi anche con altri artisti, sono stati i critici a consigliarmi e a darmi lo stimolo di affacciarmi all'arte moderna, surreale. Per confrontarmi con gli artisti moderni, ho dovuto studiare e cambiare il mio modo di vedere le cose, sono riuscito e tanti critici hanno apprezzato. Le mie opere sono state accostate a quelle di due famosi scultori come Henry Moore e Hans Arp. lo li ho studiati e apprezzati, però io sono solo Chiazza, non ho copiato nessuno".
 
Quali sono state le maggiori soddisfazioni e i riconoscimenti avuti in campo professionale?  
"Ho avute tante soddisfazioni, anche a livello critico. Ricordo l'ultima mostra che ho fatto, c'erano persone che non conoscevo e una signora voleva baciarmi le mani, tanto le mie opere le piacevano. Questi sono piaceri enormi, perché la soddisfazione non è solo vendere, io non sono venale, anzi meno vendo meglio è, perché mi tengo le mie creazioni qui. La soddisfazione è il modo della gente di acclamarti".
 
Ricorda anche qualche sconfitta?   
Mah, le sconfitte sono dei momenti, momenti di sconforto, quando uno crea e non riesce. Gli attimi di scoraggiamento sono tanti, ma la cosa più bella è che mia moglie mi aiuta moltissimo ad andare avanti, non mi ha mai detto niente, anche per le spese che ci sono state, in fonderia, Insomma anche questa è una bella soddisfazione".
 
Come si trova a lavorare nel quartiere San Salvario?
"Mi trovo bene, io sono nato in questo quartiere. Quando sono arrivato, ho abitato in via Principe Tommaso, poi mi sono trasferito, però ho sempre avuto lo studio qui, dove lavoro e passo la maggior parte del mio tempo. Ho più amici qui che dove abito, dove non conosco nessuno. il nostro è un quartiere ricettivo all'arte, non cambierei mai, mi piace moltissimo, sono nato qui come artista e come personaggio che veniva dal meridione".
 
Com'è Torino, dal punto di vista artistico, rispetto alle altre città?
"Torino ha cose positive, ma anche negative. Nel campo dell'arte è molto aperta. Milano si affaccia più verso il futuro, è più moderna. Non mi sono trovato male nel campo dell'arte".
Dal 1980, sono state molte le mostre personali nelle quali Vincenzo Chiazza ha potuto esporre le proprie opere, così come quelle collettive alle quali ha partecipato. "Non ho mai pagato per fare mostre, le ho fatte tutte su invito di chi ha riconosciuto il mio valore artistico, con il patrocinio di enti pubblici e privati".
Tra le esposizioni del passato, ricordiamo quelle a Torino. alla Galleria Magimawa, al Piemonte Artistico Culturale, alla Promotrice delle Belle Arti, al Salone La Stampa e alla Palazzina Liberty; a Milano alla Galleria Modigliani e alla Villa Fornari-Banfi; ad Agrigento, all'Auditorium Santa Chiara e alla Sala Circolo culturale Cianciana; a Palermo, al Palazzo delle Aquile; a Venezia, alla Galleria S.Vidal Ucai.
Tra le mostre personali più recenti, citiamo quelle di: Vercorin (Svizzera) del 2002, Lodi del 2004. Vigone del 2004. Infine, non si può trascurare l'omaggio che il Maestro ha voluto dedicare al suo paese, Cianciana, attraverso la creazione di un monumento allo zolfataro, inaugurato nell'agosto di quest'anno. Al momento, Chiazza sta lavorando per una manifestazione che si terrà a Selinunte, dove è stato invitato a esporre in una mostra, i primi mesi dell'anno nuovo, al teatro di Castelvetrano. "Attualmente sto lavorando solo a questa, perché per uno scultore è molto più difficile il lavoro, rispetto all'opera del pittore. Per fare una scultura, ci vuole sia un lavoro fisico che mentale, ci vuole molto più tempo, più lavoro, le mani, la forza". Lo scultore è molto orgoglioso di essere conosciuto e apprezzato da critici d'arte quali Cabutti, Rizzi, Fossati, Rosci, Mistrangelo. Convince anche i giornalisti, infatti, attraverso recensioni e articoli, sono tante le testate italiane che si sono occupate di lui, tra le quali, "La Stampa", "Corriere della Sera", "Gazzetta del Popolo", ma anche giornali del sud, in particolare siciliani, e riviste di arte.

Enza Viviano

Nei suoi personaggi non emerge soltanto la plasticità della figura, ispirata ai modelli classici, ma i sentimenti che trovano la loro sede nel profondo, lo stato d'animo.. è tuttavia la persona umana nel suo binomio spirito-corpo, che lo interessa in modo particolare.
Non c'è quindi da meravigliarsi se Vincenzo Chiazza, seguendo l'esempio dei maestri, ed in particolare di Francesco Messina, suo conterraneo, abbia, in un primo tempo, rivolto anch'egli la sua attenzione alle Grazie a Venere, a Pomona e agli altri personaggi del mondo mitologico; e non meraviglia affatto la sua predilezione per il ritratto appunto perché dei e dee, silfidi e satiri, non sono altro che uomini o donne, naturalmente con caratteristiche particolari, anche sotto l'aspetto formale.
Si direbbe quindi che, per mano di Vincenzo Chiazza, nasca una nuova mitologia, non  nel senso che si voglia di una fanciulla, di una donna, una delle Grazie o Venere stessa, ma in quanto la bellezza, la perfezione, la limpidezza dei pensieri attingono al divino e proprio per questa scintilla divina che le anima, che l'esalta, anche nella sostanza queste creature sono simili alla divinità.

Aldo Spinardi

Non è facile in una città come Torino imporsi nel campo dell'arte. Bisogna avere talento. Questo è il caso dello scultore Vincenzo Chiazza, giovane siciliano che vive in Piemonte da 10 anni.
In questo periodo Vincenzo Chiazza è riuscito a suscitare interesse in molti intenditori, partecipando a concorsi, a mostre sociali della Promotrice di Belle Arti, Piemonte Artistico Culturale.  
La sua prima mostra personale a Torino è del 1980, alla galleria Magimawa. Vincenzo Chiazza, oggi è considerato uno stupendo ritrattista.  
Diplomatosi alla Scuola d'Arte di Sciacca, si trasferisce a Torino dove frequenta la scuola di Mario Micheletti.  
Lo stile di Vincenzo Chiazza si richiama ad un maestro della scultura siciliana Francesco Messina. Le opere di questo scultore hanno ormai raggiunto quotazioni elevate.
Vincenzo Chiazza è ormai conteso da stelle di prima grandezza, come Gabriella Cohen alla quale il giovane scultore ha effettuato un ritratto molto apprezzato.

Calogero Terrana

Vincenzo Chiazza nasce a Cianciana, in provincia di Agrigento, nel 1944. "La risorsa principale del mio paese erano le solfatare", ricorda. E lui, da ragazzino, andava spesso a giocare "in campagna, vicino alle miniere di zolfo. Li trovavo la creta scartata dagli operai, ideale per modellare le mie piccole statue". Nasce così la sua passione per la scultura. "In seguito cominciai a lavorare anche il legno: il ciliegio, il tiglio, l'olmo, il noce. Nella falegnameria vicino a casa mi facevo dare i pezzi di legno da intagliare. Le pietre, invece, andavo a cercarle nei letti dei torrenti". Dopo gli studi all'Istituto d'arte di Sciacca, Chiazza abbandona la sua Sicilia per il Nord. Milano è la prima tappa. Qui, negli anni Sessanta, entra in contatto con Floriano Bodini e stringe amicizia con Francesco Messina.
Nel 1970 si trasferisce a Torino. Aderisce alle iniziative dell'Associazione Piemonte Artistico e Culturale e della Società Promotrice delle Belle Arti, dove terrà diverse personali. Comincia a lavorare in Fiat, ma non rinuncia per questo alla scultura. "Adesso lavoro più di prima", racconta. "Fino a notte fonda scolpisco, disegno, faccio modellini. La notte è il momento più propizio per creare. Il suo silenzio e le sue ombre favoriscono la concentrazione".
La scultura è per l'artista un mezzo per comunicare: "è il mio secondo linguaggio". Un linguaggio che con gli anni e andato affinandosi, passando dal figurativo a forme essenziali, surreali quasi astratte. Le curve levigatissime e sensuali delle sue Maternità rimandano a Hans Arp o Henry Moore, così come le superfici tormentate.

Licia Spagnesi

Vincenzo Chiazza