In altri tempi lo scultore Vincenzo Chiazza avrebbe potuto agevolmente aspirare a quel regale - incarico rispondente alla definizione di Artista di Corte, ovvero Scultore di Sua Maestà, il che significava due cose: che si trattava di artista rispettoso del naturale sembiante di re, regine e principini e che la sua paga non sarebbe stata inferiore a quella di un ministro! Oggi il mestiere di scultore non solo non si raccomanda al soglio delle ultime immeschinite monarchie, ma neppure trova spazi di attenzione adeguati.
 
Eppure la scultura possiede una carica espressiva tale che si rimane sbigottiti di fronte alla crisi che l'affligge da moltissimi anni. Tanto più che non mancano gli scultori e neppure quelli eccezionalmente dotati, come è il caso di Chiazza, stupendo ritrattista, epigono dei migliori maestri limpidamente figurativi a cui ci rifacciamo ogni volta che parliamo di scultura. Molto giovane ancora, Chiazza ha guardato a Francesco Messina, suo conterraneo. Fin dalle prime prove lo travaglia, lo fa teso, un'ambizione dominante: arrivare alla realizzazione di un ritratto inconfondibilmente suo, realistico ma raccolto, ricco di guizzi psicologici.
 
Una restaurazione? La scultura,già considerata "la più intellettuale di tutte le arti" non ha mai del tutto rinunciato a misurarsi con i connotati naturalistici, anche se ha provato a se stessa, per la prima volta, di saper esprimere idee lontanissime dall'oggettività. Da sempre essa vanta una grande fedeltà a se stessa, una disciplina rigorosa e l'uso delle materie tipiche a cui la costringe la tecnologia (il nobile bronzo, il marmo, il legno). Un busto romano non è una statua del Bernini, né un ritratto del Canova si confonde con una fusione di Minguzzi, eppure una contemporaneità o una atemporaneità bizzarre legano le varie civiltà della scultura, le sottraggono alla cupa cronologia della storia.
 
Direi che nelle sue impercettibili variazioni, provocate da epoche e stili, in certe costanti, solo la scultura può dirsi né moderna né antica. Perciò la scultura è classica, perennemente giovane.
 
La ritrattistica di Vincenzo Chiazza ha questo dono di non sembrarmi di nessun tempo, nella sua chiara semplicità induttiva. Personalmente ritengo che niente sia più arduo da praticare del ritratto, dove per ritratto s'intenda una persona tutta, ritratta per quel che sembra, ma ripresa e fissata anche al di là della sola somiglianza. In altre parole dico che nessuno può conoscerci meglio di quel perfetto psicologo che è l'artista. Siamo, dunque, chi l'artista dice che siamo.
 
Vincenzo Chiazza, non solo per gli eccezionali mezzi professionali, sembra possedere questa dote, che fa grande lo scultore, la penetrazione. Alcune prove importanti le ha già fornite. Spesso torniamo con la mente ai primi suoi lavori, con la tenerezza che ci ispirano ancora gli esempi forniti da giovani come lui, allorchè operavano nei giardini di Lorenzo de' Medici, nella beata Firenze di allora.

Armando Capri

Vincenzo Chiazza